Le celebri Ninfee di Claude Monet (Parigi 1840 – Giverny 1926) provenienti dagli Stati Uniti ed esposte alla Fondazione Magnani Rocca insieme ad altri due capolavori del pittore francese, anticipano il tema della serialità, che sarà proprio della Pop Art, e rappresentano quasi una profezia dell’Informale.
Il paesaggio, tema costante dell’intera carriera di Monet, si apre alla fine dell’Ottocento alle famose “serie”, in cui uno stesso soggetto è ripetuto più volte in momenti o condizioni atmosferiche differenti. Lo scopo, nella ricerca dell’artista, è quello di fermare il tempo che nasconde il segreto dramma della fugacità delle cose, restituendo loro valore poetico.
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L’opera di Monet Falaises à Pourville, soleil levant, acquistata da Luigi Magnani e ora conservata presso la Fondazione Magnani Rocca, appartiene a una serie di cinque dipinti sul tema delle Scogliere, eseguiti dall’artista tra gennaio e marzo 1897, e dialoga con un dipinto di analogo soggetto, proveniente dalla collezione Tanzi, dal titolo Falaise du Petit Ailly à Varengeville.
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Il capolavoro Le Bassin des Nympheas del 1904, proveniente dal Denver Art Museum, racconta l’ultima ossessione di Monet – quella per le Ninfee – e si colloca a metà tra la pittura di paesaggio e una nuova pittura decorativa con aspetti artificiosi, quasi astratti, che hanno nella costruzione spaziale la loro novità. La luce prende il sopravvento su tutto, abbaglia lo sguardo del pittore e anche la tela sulla quale la forma si dissolve e si vaporizza fuori da ogni gerarchia tra centro e periferia. Siamo alla profezia dell’Informale.
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