Lo studio Kreativehouse ha sede in uno degli edifici storici meglio conservati di Fidenza, sicuramente uno dei palazzi antichi più belli della città, proprio a due passi dal Duomo.
Palazzo Omati sorge di fronte all’Oratorio di San Giorgio (oggi uno spazio sconsacrato che ospita mostre, incontri ed eventi culturali) e ha una pianta a “U”, dominato ai due lati esterni da due torrette un tempo coronate da merli. La facciata principale è scandita da finestre rettangolari che si susseguono ritmicamente.
Su un classico cortile di impronta rinascimentale si apre un porticato e proprio da qui si accede allo studio Kreativehouse. La stanza principale è caratterizzata da un affresco della fine del Seicento il cui autore è ancora oggi misterioso.
Palazzo Omati: la storia
Il palazzo deve il suo nome ai Conti Omati. La famiglia lombarda degli Armarolo (il cognome viene modificato per traduzione omofonica della cittadina di Omate, loro paese di origine) si trasferisce a Borgo San Donnino (antico nome di Fidenza) intorno ai primi del Cinquecento. Il Capitano Marcantonio Omati è un mecenate amante delle arti, si sa con certezza che nel 1717 ospita proprio nel suo palazzo il pittore cremonese Bernardino de Ho’ di cui ancora qui si conservano due grandi oli su tela che rappresentano La benedizione di Efraim e Manasse e I pastori mostrano a Giacobbe le vesti insanguinate di Giuseppe.
L’affresco del piano terra, realizzato verso la fine del Seicento, rappresenta il tema rinascimentale della Veritas filia temporis, un’iconografia dai richiami fortemente neoplatonici. Quello della Verità svelata dal tempo era un tema caro agli alchimisti, ai massoni e in generale ai cercatori di conoscenza. Non stupisce allora scoprire che proprio in questo stesso palazzo visse Stanislao Omati, Dottore in Medicina e Filosofia.
Uno sguardo più attento rivela dettagli preziosi che sembrano quasi affiorare dalla superficie dell’intonaco, la lingua di un serpente, il sorriso di un putto, le pieghe della veste, le dita delicatissime di una mano.
“Veritas filia temporis”
Il Tempo, rappresentato come un vecchio barbuto e alato, vola in cielo portando con sé la Verità sua figlia e liberandola dal drappo che la copriva. La Verità è sorretta dalle nuvole e da un putto, tiene in una mano il globo della terra e una piccola clessidra, nell’altra mano regge il disco solare nella quale si specchia. Più in basso una donna vestita di rosso sembra precipitare verso terra, regge in una mano un serpente e nell’altra una fascina infiammata: è l’invidia.
L’immagine della Veritas filia temporis è un’iconografia ricorrente nell’Italia del Rinascimento e nasce da un motto dello scrittore latino Aulo Gellio. Il Tempo svela la verità a dispetto dell’Invidia e la Verità nuda si specchia nel sole e nella luce divina.
Il vero autore dell’affresco è ancora un mistero. Mentre sul soggetto rappresentato abbiamo riferimenti certi, non si può dire lo stesso dell’identità dell’artista che lo ha eseguito. Non esiste alcun tipo di indizio a riguardo, fino a che nel 1988, l’affresco viene accostato ad un’altra opera dello stesso periodo Il trionfo della Verità custodito a Parma nella Galleria Nazionale insieme a opere di Leonardo, Correggio, Parmigianino, El Greco, Van Dyck. Il quadro, che un tempo si credeva opera al napoletano Paolo De Matteis allievo di Luca Giordano e recentemente è stato attribuito a Domenico Antonio Vaccaro, presenta una composizione pressoché identica a quella dell’affresco e dettagli iconografici (come la piccola clessidra) che non lasciano dubbi sullo stretto legame tra le due opere.
“Fuori da ogni schema convenzionale, si colloca, infatti, questo denso affollarsi di figure aeree, così nei putti volteggianti, ma sempre ripresi nella loro giocosa naturalezza, così nelle pieghe segmentate che conferiscono struttura e volume al librarsi dei corpi in lotta fra le soffici nubi: contorsioni di arti e ardite involuzioni di busti, ma anche l’intersecarsi di piani luminosi e sfuggevoli dichiarano quel linguaggio concitato che è l’anima espressiva del barocco napoletano.”
Il dipinto della Galleria Nazionale sembra per molti versi uno studio preparatorio dell’opera di Fidenza, ma questo accostamento non permette un’attribuzione definitiva. Tuttavia sappiamo che Antonio Vaccaro soggiornò a Roma sul finire dell’ultimo decennio del ’600 e qui probabilmente si confrontò con Bernardino de Ho. Ecco che allora proprio il pittore cremonese Bernardino De Ho, che visse e lavorò a Palazzo Omati, potrebbe essere l’autore del misterioso affresco della “Verità svelata” sul soffitto di kreativehouse. Ma in assenza di nuovi indizi, l’enigma dell’affresco di kreativehouse rimane aperto.