La storia dell’arte è fatta di incontri: Keith Haring e Basquiat, Frida Kahlo e Diego Rivera, Robert Delaunay e Sonia Terk, e mille altri ancora. Ci sono artisti poi che non si sono mai incontrati di persona, ma che hanno finito per “conoscersi” nelle opere di altri artisti che li hanno presi come ispirazione, magari – a volte – senza nemmeno esserne coscienti. Esattamente come si dice per certi amori, anche l’arte a volte fa dei giri immensi ma poi ritorna.
Succede così che nel mondo di Nick Öhlo (Nicolò Tromben) un pittore come Philip Guston incontra Massimo Mattioli, che Keith Haring incontra Jacovitti: tutti cattivi e pop, dissacranti nel senso più profondo del termine. E lui con loro.
Umorismo e nonsense sempre ai limiti dello splatter, questi gli elementi con cui l’illustratore nutre il suo universo cartoonesco, pop e disincantato: i suoi personaggi sono tutti scombinati, sottosopra, fumati; sono respingenti e allo stesso tempo magnetici.
Nick Öhlo prende temi infantili e giocosi, delle greche dei quaderni di scuola alla letteratura per l’infanzia (Le streghe di Roald Dahl, per esempio), e li fa rivivere attraverso la lente allucinata del suo talento eversivo. Le illustrazioni a cui dà vita sono un viaggio sotto acido e poco rassicurante attraverso il fumetto underground, l’MTV generation, il linguaggio del punk, tra atmosfere vintage e stilemi della grafica pubblicitaria.
Avvengono molte cose nei disegni di Nicolò Tromben, quasi tutte riprovevoli.
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