Un dispettoso cappello di paglia rosso, sfuggito dalle mani di chissà chi e sospinto dal vento caldo dell’estate, attraversa un cielo azzurro immobile, disturbato solo dal frinire delle cicale.
Un ragazzo lo afferra al volo; in cima a una lunga scalinata immersa nel verde lo aspetta la proprietaria del cappello.
È l’incipit di Orange Road, il celebre manga di Izumi Matsumoto. In quel cielo c’è la tutto il profumo dei ricordi, della magia surreale dell’estate e della gioventù, quando tutto può accadere (e a volte accade). Con le illustrazioni di Nahuel Bardi ho sentito esattamente quello stesso profumo.
“Ciò che più stupisce nei tuoi disegni è la luce: una luce fosforica, ossidrica, come una luce perpetua, che viene dai limbi solari…” – lettera di Federico Fellini in risposta a Moebius
I personaggi di Nahuel Bardi si muovono in un’atmosfera che profuma di una primavera perenne (pronta già ad accogliere l’estate), colorata da tinte piatte o con sfumature vettoriali che rimandano alle serigrafie o ai retini dei manga anni ‘80.
Nei suoi lavori in un orizzonte alieno De Chirico incontra i codici della grafica anni ‘90 (ricordate la sigla di Bayside School e il Principe di Bel Air?), prende vita così un universo dove le suggestioni pop della tradizione sposano quelle della modernità, un mondo di architetture impossibili, esotiche e metafisiche, che fanno da palcoscenico a personaggi da fumetto con braccia smisurate e vestiti fluorescenti.
Nahuel guarda al mondo della grafica giapponese (ma non solo), della pubblicità e della MTV Generation: i moodboard da nuovo millennio sposano quelli anni ’70 in un fiume carsico di riferimenti che unisce tra loro i toni metafisici del fumetto anni d’autore ‘70 a quelli dell’ondata vaporwave.
Nei suoi lavori rimodella scenari e personaggi in distorsioni personali di colori acidi e contrastanti, desaturati quanto basta per renderli meno aggressivi, ma sempre smaglianti: il fucsia si sposa al verde smeraldo, il viola all’arancione e il giallo al rosa shocking, in un eterno tramonto estivo. In queste cartoline – che sposano l’estetica architettonica e spigolosa della città a quella liquida e mutevole della natura – svettano i suoi personaggi fluo, il cui per stile sembra nascere dalla sintesi tra i cartoon americani anni ’90 (Pepper Ann, Doug e i Rugrats) e i gradienti delle illustrazioni retrofuturiste di Moebius, surreali, affascinanti e ipnotiche.
Tra le sue fonti di ispirazione anche illustratori argentini come Gaston Pacheco, Seba Curi e Sophie Koko Gate, Estampita, Rudo, Lili Des Bellons, Genie Espinosa, Diana Stoyanova, Xoana Herrera.
«Ho sempre amato molto Magritte, Escher, Picasso, Dalì, Goya e De Chirico: quando ero piccolo i miei genitori avevano molti dei loro libri d’arte che amavo sfogliare», racconta Nahuel a proposito delle sue influenze, e tra queste cita anche il cinema italiano: Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini. E infine, Hokusai e Hiroshige, di cui si nota l’influenza nei suoi lavori più recenti.
Proprio come la musica City-Pop le illustrazioni digitali di Nahuel Bardi attingono a un immaginario vasto e variegato: il Giappone, nel pieno del miracoloso boom economico anni ‘80, guardava al futuro, alle metropoli americane, creando un asse musicale che univa funky, soul, musica elettronica, jazz e suggestioni tropicali. Un pastiche sonoro ed estetico unico, molto rivalutato negli ultimi anni: un sogno di benessere e relax catturano alla perfezione dalle illustrazioni di Hiroshi Nagai, usate – non a caso – spesso e volentieri come copertine per album e compilation City-Pop.
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Giro lo specchietto
e la notte brilla di luci
I suoi colori seducenti su di me
e il mio cuore si perde
Takako Mamiya, Love Trip