LOVELESS è un progetto inedito dei due artisti Michael Rotondi e Giulio Zanet creato per il Festival di Filosofia sull’amare. La mostra, curata da Francesca Pergreffi, inaugurerà allo Spazio Meme di Carpi in via Giordano Bruno, sabato 14 settembre alle ore 19 alla presenza degli artisti.
In occasione della mostra sarà presentato il catalogo “Loveless, cahier d’artistes”. Un volume illustrato in cui la dialettica visiva tra sentimento ed erotismo sfocia in un’unica percezione dell’amore e dell’amare, racchiusa in un centinaio di pagine a colori.
Tra cuore e carne
Loveless nasce prendendo spunto dal titolo del celebre disco dei My bloody Valentine, e si sviluppa come una ricognizione su due modi di vivere l’amore: romantico e pornografico.
Michael Rotondi e Giulio Zanet si confrontano e s’interrogano, partendo dal loro vissuto personale, analizzando le loro esperienze passate e presenti. Compongono una sorta di diario visivo della loro intimità e dei loro diversi modi di amare; un’oscillazione perpetua tra cuore e carne.
Le poetiche dei due artisti dialogano e s’intrecciano sulla parete, attraverso un excursus di cento opere, fornendo una visione unica di due approcci amorosi apparentemente antitetici dove il sentimento si “sporca” con l’erotismo e lo “sconcio” diventa amore. Due modi di relazionarsi che, intersecandosi in maniera dialettica, confluiscono in un’unica concezione dell’amare, scoprendosi indispensabili e necessari l’uno all’altro.
Il progetto dei due artisti Michel Rotondi e Giulio Zanet è il simbolo della coralità dell’amore nella pratica e nella visione dell’Arte. Loveless è un pentagramma amoroso che orchestra, in una perfetta armonia, diversi soggetti che generosamente hanno donato la loro esperienza e si son lanciati in una dialettica feconda per amore dell’Arte. Esso è il frutto della relazione, del dialogo, della cura e della condivisione.
È stata una chiamata all’Arte spontanea; gli artisti mettendo al mondo le loro opere hanno suonato una nota e persone coraggiose hanno baciato la loro paura, ponendosi in discussione hanno dato il via a un’amplificazione della nota. L’arte e l’extrartistico si son uniti in un unico meccanismo e hanno acceso il motore roboante della visione artistica.
Loveless è un atto d’amore, la possibilità di coesistenza di più linguaggi in un’unica concordanza; un esempio in cui due artisti, uno scrittore, una curatrice e critica d’arte, una critica d’arte e curatrice, tre grafici, una fotografa e videomaker, hanno creato un legame tra loro, rendendosi necessari gli uni agli altri, parlando il loro linguaggio autonomamente si sono uniti in solo progetto: opere, allestimento, mostra, testi, catalogo, reportage, video.
Lo spettatore avrà un ruolo attivo all’interno del progetto. Infatti, potrà entrare in relazione con le opere e la poetica degli artisti e riflettere sul fatto che “l’opera d’arte – come scrisse Carla Lonzi – è una possibilità d’incontro e un invito a partecipare e (…) se l’arte non è nelle mie risorse come creazione, lo è come creatività, come coscienza dell’arte nella disposizione del bene”.
Loveless è una nota che ha dato il via a un eco di voci che sarà esposta per la prima volta a Carpi allo Spazio Meme, e proseguirà in altri spazi e in altri tempi.
Gli artisti
Michael Rotondi (Bari 1977). Il lavoro di Rotondi, attraverso la distorsione e la rielaborazione del carattere illustrativo e narrativo del disegno, riflette la sua epoca. Egli s’interroga sul rapporto tra musica contemporanea, memoria personale e tradizione popolare.
L’artista spesso crea degli altari votivi, dove dispone opere e disegni tracciati come note, appunti veloci, dai quali emerge la sua convinzione: ogni gesto è opera d’arte.
Una sorta di accumulo di ricordi, dove lo spettatore s’immerge in una dimensione intima riflettente l’intreccio necessario tra arte e vita come opera.
Michael Rotondi vive e lavora a Milano.
Giulio Zanet (Colleretto Castelnuovo 1984) usa quasi esclusivamente immagini attinte da internet e da riviste; indagando continuamente se questo procedimento di post-produzione sia alimento per la creatività o piuttosto la sopisca. Un’indagine instancabilmente dinamica, che rielabora le forme e le storie attraverso una lente narrativa e analitica sospesa tra il visionario e il reale. Una ricerca distaccata, ironica e contraddittoria che attraverso l’accostamento deciso e casuale delle immagini riflette sulla necessità d’identificazione dell’uomo, sulle condizioni sociali, sui rapporti che intercorrono tra gli elementi e sull’eterno coesistere degli opposti.
Il modus operandi di Zanet lascia aperto il mondo delle possibilità; non c’è l’intenzione di comunicare messaggi univoci, l’immagine resta aperta a innumerevoli considerazioni e interpretazioni.
Giulio Zanet vive e lavora a Milano.