Il Surrealismo e l’Italia. Ovvero come aprire gli occhi a una nuova forma di magia

Nel 1924 un gruppo di artisti fuori di testa, capeggiati dal poeta André Breton, erano convinti che l’arte potesse cambiare il mondo. E noi ci crediamo ancora

La mostra “Il Surrealismo e l’Italia” alla Fondazione Magnani-Rocca celebra i cento anni dalla pubblicazione del Manifesto del Surrealismo con oltre 150 opere dei grandi Maestri del movimento come Salvador Dalì, René Magritte, Max Ernst, André Masson, Man Ray ma anche autori italiani meno conosciuti (ma da scoprire) come Fabrizio Clerici, Colombotto Rosso, Stanislao Lepri e l’incredibile Leonor Fini.

Sulle scale all’ingresso della Villa dei Capolavori c’è un grande occhio che tutto vede. L’occhio era un simbolo importantissimo per i Surrealisti perché l’occhio è il collegamento tra il mondo fuori (la realtà) e il mondo interiore, l’inconscio affascinante e misterioso. E c’è un occhio tagliato da un rasoio nella prima scena del più famoso film surrealista “Un chien Andalou” di Luis Bunuel.

Il Surrealismo non è solo Sogno

Anche se siamo abituati a collegare il Surrealismo soprattutto al sogno il movimento era molto di più. Gli artisti surrealisti credevano nell’Arte come una forma di rivoluzione potentissima, in grado di sconvolgere le coscienze, liberare le menti e i corpi, trasformare la società. 

Per me il surrealismo è sempre stato una nuova forma di magia.

(Antonin Artaud)

Tutto comincia con Giorgio De Chirico e le sue piazze metafisiche che fanno totalmente impazzire tutta una nuova generazione di artisti come Magritte, Breton, Tanguy che quando vedono i quadri  del “Pictor optimus” capiscono che qualcosa sta davvero cambiando. Perché se Freud ha scoperto che esiste un mondo sotterraneo, l’inconscio, dove avviene gran parte della nostra vita, un pozzo misterioso che neanche noi riusciamo a indagare, beh allora l’arte deve tenerne conto.

Bisogna provare ad aprire la porta all’inconscio con l’Automatismo Psichico Puro, un meccanismo che prende ispirazione dal sonno, dall’incoscienza e dalla pazzia per sfuggire alle regole della ragione e del senso comune. Per riuscirci i surrealisti provano tecniche nuove come il Frottage, il Grattage, il Collage e persino il dripping (sì Max Ernst lo ha inventato prima di Pollock).

E in Italia come arriva il Surrealismo? 

Negli anni del Surrealismo in Italia c’è la dittatura che schifa totalmente tutte le avanguardie (tranne il Futurismo) e ostacola l’arrivo di questa rivoluzione. In più molti degli artisti surrealisti sono iscritti al partito comunista e sono fortemente anticolonialisti. Nonostante tutto grazie ad artisti molto avanti come Alberto Savinio e Alberto Martini le vibes surrealiste arrivano in Italia. Martini è un illustratore superdark che merita di essere conosciuto e in mostra ci sono due tavole per i “Racconti del terrore” di Edgar Allan Poe (William Wilson e Hop Frog) inutile dire che le amo follemente.

E poi arriva Peggy Guggenheim che nella sua vita oltre ad aver sposato Max Ernst ha collezionato molte opere surrealiste. Nel 1948 è appena finita la guerra e Peggy espone la sua collezione alla Biennale di Venezia suscitando grande scandalo ma anche un sacco di ammirazione, soprattutto dalla scena dei cosiddetti Surrealisti italiani che sono Stanislao Lepri, Fabrizio Clerici e naturalmente Leonor Fini.

E qua è venuto il momento di fermarsi su una delle scoperte più interessanti della mostra “Il Surrealismo e l’Italia” alla Magnani Rocca. Leonor Fini è una donna incredibile, una colata lavica, un gatto, una strega, una metamorfosi. Le sue opere non sono ancora molto conosciute in Italia anche per colpa di una specie di damnatio memoriae che la perseguita dagli anni ‘70. Ma nel mondo è una delle surrealiste più amate, al pari con Leonora Carrington. E sono sicuro che a breve tutti torneranno a parlare di lei.

Leonor Fini dipinge sfingi, arpie, donne che si ribellano a un mondo di uomini, che usano l’immaginazione per trasformare la realtà. In mostra c’è anche una incredibile “Femme assise sur un homme nu” del 1942, bellissima, scocciata e modernissima, cotonata come Lana del Rey.

Ma il Surrealismo è morto? 

Nel 1966 André Breton, il Papa del Surrealismo, muore. Pochi anni dopo alcuni artisti pubblicano un volantino per dichiarare morto il movimento. Ma come diceva anche Breton nel Manifesto, non è che una cosa prorompente come il Surrealismo può finire così, da un giorno all’altro. Non possiamo smettere di essere surrealisti, anche se ci proviamo.

Il Surrealismo è una sensibilità, una scoperta che una volta fatta non si può semplicemente dimenticare e che anche oggi lascia tracce ovunque. David Lynch è surrealista, Fellini è surrealista, Mark Ryden è surrealista, Tim Walker è surrealista, Luigi Ghirri è surrealista, Mid Journey è surrealista, Gaetano Pesce è surrealista, Floria Sigismondi è surrealista, Alexander McQueen è surrealista, l’ex Ministro Sangiuliano è surreale e basta.

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