Nel Cinquecento se una cosa è prodigiosa non vuol dire che è piena di talenti e la iscrivi ad Amici di Maria de Filippi. Al contrario, per l’epoca “prodigio” vuol dire solo una cosa: presagio di sventura. Il Mostro di Ravenna insomma è una cosa brutta e porta pure sfortuna «Mai homo se recorda simile cosa».
L’8 di marzo del 1512 a Ravenna succede un fatto prodigioso. Viene alla luce un bambino che ha la testa enorme, un corno in fronte e una bocca esagerata. Una delle due gambe ha un occhio nel ginocchio, mentre l’altra è pelosa come la zampa del diavolo. Sul petto, tre lettere: Y X V. Tutto il mondo lo conoscerà come il Mostro di Ravenna.
Ma il mostro piace sempre, stuzzica la fantasia degli artisti e degli scienziati. Ecco allora che Leonardo da Vinci e Ulisse Aldrovandi si appassionano alla vicenda e dedicano al Mostro di Ravenna un loro disegno che adesso è esposto al Mar di Ravenna nella mostra “Prodigy Kid” curata da Daniele Torcellini.
“Prodigy Kid” è una mostra stranissima, folle, piena di trovate geniali. Francesco Cavaliere e Leonardo Pivi sono due artisti contemporanei che lavorano con il mosaico, le installazioni sonore, il racconto orale, le contaminazioni pop. Hanno reinventato la storia del Mostro di Ravenna che da creatura sfigatissima diventa invece l’epicentro di un universo immaginifico tutto da provare.