Dal 1 al 3 maggio a Buenos Aires c’è roBOt BA. Installazioni sonore ed sperimentazioni elettroniche, paesaggi di luce, animazioni digitali e performances artistiche sono protagoniste di una mostra-evento curata da Federica Patti e Marcella Loconte alla Usina Del Arte, l’ex centrale elettrica di Buenos Aires, oggi edificio simbolo del rinnovamento culturale della città.
Oltre 30 proposte tra artisti e contenuti, provenienti dal panorama internazionale delle arti digitali: 16 progetti musicali tra live e dj-set; 1 proiezione cinematografica in anteprima nazionale per l’Argentina, 3 momenti di approfondimento a base di talks e workshop e infine roBOtKids, la sezione dedicata ai bambini.
Ne ho approfittato per fare due domande a Cristian che è uno dei 10 artisti selezionati per rappresentare le nuove frontiere dell’arte digitale. A Buenos Aires espone la sua video installazione Madre Perla.
Racconta come funziona Madre Perla
È un’opera molto sessuale, a tratti forse anche pornografica. Ho immaginato un fiore che sboccia molto lentamente e genera un ecosistema che non esiste. Lo ho descritto con le equazioni di un modello matematico. Praticamente mi sono inventato delle leggi fisiche nuove e dentro a queste leggi ci ho fatto vivere una forma che dà luce alla vita, come una madre digitale. Dura più di 6 ore. Nelle mie opere mi piace esplorare la dilatazione del tempo.
Una roba tipo Bill Viola?
Ovviamente ammiro il lavoro di Bill Viola, ma se c’è una cosa che non comprendo è l’utilizzo di attori di posa. Per me è importante definire delle regole in cui si possano muovere le creature (algoritmi) che ho generato, poi mi limito ad osservare cosa succede con il passare del tempo. Trovo che sia molto romantico.
Ok, e questo cosa c’entra con la comunicazione?
La comunicazione non c’entra, però in un certo senso ci si avvicina. Quando studi un processo molto attentamente diventi il demiurgo di quello che succede, una specie di dio. In questo senso Madre Perla ha una vita infinita (fino a che non si rompe il proiettore). Nella comunicazione le cose vanno in modo molto simile. Stabilisci delle regole e definisci come si veicola un messaggio tra le persone.
Gli algoritmi (siano quelli di un messaggio di cronaca, di un social network o youporn) sono virus che si propagano tra le persone. Comunicare bene vuol dire creare un virus perfetto che contagia le persone e si moltiplica, come una poesia. Se i virus li progetti bene fanno un bel lavoro.
E gli altri artisti in mostra?
Lucas Pujadas, Le Freak Selector, Gianluca Abbate, Linda Rigotti, Piier, Sara Bonaventura, Sebastian Seifert, Jorge Haro.
Ma il mio preferito è sicuramente Mateo Amaral, argentino, con il progetto “Una Piedra Negra”.
Ma tu hai capito perchè Bjork espone al MOMA?
Bjork ha fatto bene a fare una mostra al Moma, il Moma non ha fatto bene a fare una mostra su Bjork.
Bjork o Marina Abramovic al Moma, Alexander McQueen alla Tate Modern sono il modo in cui i musei stanno reinventando il format delle mostre collassandole in spettacoli. Uno spettacolo ha lo scopo di farti emozionare mentre una mostra deve anche farti uscire “imparato”. Una mostra è progettata bene quando offre allo spettatore gli strumenti per capirla, per apprezzarla fino in fondo, questo me lo ha insegnato Stefano Roffi, curatore delle mostre alla Fondazione Magnani Rocca. Non esistono mostre intellettualoidi e criptiche e mostre pop per tutti, esistono solo mostre progettate male e buone mostre.
An electric, suprising story. Cool #art project @UsinadelArte by Mateo Amaral @unapiedranegra @robotfestival https://t.co/c5bFPRJxOS
— kreativehouse (@kreativehouse) April 28, 2015
Se sei dalle parti di Buenos Aires dal 1 al 3 Maggio fai un salto all’Usina del Arte, e guarda il lavoro di Cristian Grossi e degli altri 9 artisti in mostra. roBOt BA è realizzato dall’associazione Shape in collaborazione con il Comune di Bologna, e Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Representaciòn en la Republica Argentina, è costruito grazie alla forte sinergia fra le due Capitali della Cultura e le loro rispettive Università.